Il borgo di Santa Croce ad Orsolone è una zona di Napoli, situata all’apice della collina dei Camaldoli, scelta anticamente per gli insediamenti silvo-pastorali per la salubrità della sua aria e i luoghi che la caratterizzavano.
È poco nota, anche agli stessi napoletani, a causa dell’assenza di prove monumentali del suo periodo antico. Inoltre, nel tempo, la zona è stata esposta ad una pluralità di confini che ne ha determinato un numero infinito di relazioni sociali e religiose.
Dal lavoro cartografico di padre Camillo Degetto si è giunti alla conclusione che, al territorio, appartengono una serie di strutture immobiliari residenziali che ruotano intorno alla clinica psichiatrica Villa Camaldoli, l’ospedale Monaldi, l’ospedale Cotugno, il Secondo Policlinico e l’Ospedale Psichiatrico Frullone.
Nel 1646, proprio nel luogo detto Orsolone, c’era un’antica cappella detta di Santa Croce. Quest’ultima apparteneva alla Mensa Vescovile di Napoli e ospitava un altare di pietra, probabilmente a tribuna, proprio come quello di San Pietro a Roma, del quale ne ebbe cura, fino alla fine dei suoi giorni, il sacerdote Francesco Albenzio, proprietario anche di una cappella all’interno della chiesa grande.
Nel Seicento Santa Croce dipendeva, come cappella rurale, della parrocchia di S.M. delle Grazie a Capodimonte, ma probabilmente, in precedenza, tutto si rifaceva alla chiesa di San Giovanni in Porta. Al di sotto della cappella vi era la Terrasanta per la sepoltura dei cadaveri, per la quale si pagava anche una tassa alla diocesi. Infatti, una delle curiosità del luogo riguarda proprio il diritto di sepoltura, perlomeno prima dell’avvento di Gioacchino Murat del 1806.
Il 20 ottobre 1688 il cardinale Antonio Pignatelli, poi Papa Innocenzo XII, vistò la distanza da Capodimonte, che rendeva difficile ai fedeli l’amministrazione dei sacramenti, decretando che la cappella diventasse parrocchia, sotto il titolo di Santa Croce ad Orsolone: per il sostentamento, inoltre, godette di 36 ducati l’anno. Per l’occasione furono istituite anche le parrocchie a Fonseca e a San Vitale martire, a Fuorigrotta.
La chiesa prese tale denominazione, sin dall’inizio, in quanto conservava un quadro della Santa Croce, andato perduto, e una reliquia del legno della Croce sulla quale sarebbe stato crocifisso Gesù, ancora in possesso alla parrocchia.
Nel diario della Santa Visita del Cardinal Ascanio Filomarino, si evince che, nel 1704, l’appezzamento di terreno intorno alla chiesa fu sottratto all’usufrutto contadino per realizzare la residenza dell’Arciconfraternita della Beata Vergine del Rosario.
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