Passando per Via Santa Teresa degli Scalzi, o guardando Napoli dall’alto, a tutti sarà capitato di osservare una bellissima cupola, fatta di maioliche gialle e verdi: si tratta di quella della Basilica di Santa Maria alla Sanità (volgarmente conosciuta come chiesa di San Vincenzo).
La Basilica, situata nel cuore del Rione Sanità, si erge sulle stupende Catacombe di San Gaudioso ed è un capolavoro dell’arte barocca che, nel XVII secolo, a Napoli raggiunse il massimo splendore con la famosissima scuola napoletana.
Fu dedicata a Santa Maria come segno di devozione dei partenopei nei confronti della Madonna, in seguito al ritrovamento della più antica raffigurazione della Vergine proprio in città, risalente al V-VI secolo d.C. L’immagine, proveniente dalla cripta, è oggi affissa sulla parete destra della prima cappella della chiesa dedicata a San Nicola.
In realtà, la chiesa è conosciuta da sempre con il nome di “San Vincenzo ‘o munacone”: un appellativo legato alla figura di San Vincenzo Ferrer, uno dei patroni di Napoli più amati. Il complesso custodisce, al suo interno, infatti, proprio una statua lignea del santo, detto affettuosamente ‘o munacone: predicatore medievale, appartenente all’ordine domenicano, a lui sono stati attribuiti più di ottanta miracoli.
Sembra che questa statua, particolarmente amata dai partenopei, fosse stata portata in processione nel 1836, durante una devastante epidemia di colera che stava decimando il popolo napoletano; grazie all’intercessione del santo, si dice, l’epidemia cessò improvvisamente e, per ricordare l’avvenimento, il rito viene ripetuto ogni primo martedì di Luglio.
La costruzione della chiesa si deve ai frati domenicani, in particolare al frate architetto Fra Nuvolo, al secolo Giuseppe Nuvolo, che portò a termine i lavori tra il 1602 e il 1610.
La struttura ha una pianta a croce greca e un presbitero rialzato, che ingloba la precedente basilica paleocristiana, da cui si accede alle Catacombe di San Gaudioso. L’interno è vasto e privo di decorazioni policrome, plastiche o pittoriche alle pareti; ai lati dell’ingresso sono poste due acquasantiere a muro, in marmi policromi, che risalgono alla metà del Seicento, con lo stemma dell’Ordine Domenicano.
La basilica custodisce dipinti di pregevole valore, fiore all’occhiello della scuola barocca napoletana, tra i quali spiccano le opere di Luca Giordano, come “La Vergine con i Santi Giacinto, Rosa e Sant’Agnese”, “L’estasi della Maddalena” e “La Gloria di San Pio V”. Quest’ultimo fu realizzato per celebrare il centenario della vittoria di Lepanto e l’istituzione della festa della Beata Vergine del Rosario. Troviamo anche alcune tele di Andrea Vaccaro, quali “Nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria” e “Santa Caterina da Siena che riceve le stimmate”.
È del 1625 la sagrestia, decorata da Giovan Battista Di Pino, che conduce al chiostro ellittico sovrastato da Corso Napoleone, il cosiddetto ponte della Sanità, voluto da Gioacchino Murat per collegare via Toledo a Capodimonte, responsabile del quasi totale abbandono che ha caratterizzato il Rione stesso per moltissimi anni e che ne ha impedito a lungo lo sviluppo artistico e culturale.
Una pregevole scala a tenaglia marmorea all’altezza dell’abside conduce alla parte presbiteriale della chiesa, sopraelevata rispetto alla navata; grazie ad essa si può accedere alla parte sottostante della basilica: le catacombe e la chiesa paleocristiana.
Alle Catacombe di San Gaudioso si accede attraverso una cancellata posta sotto il presbiterio della chiesa seicentesca: originariamente nate come luogo di sepoltura del santo, si sono ingrandite durante i secoli e specialmente nel Seicento, allorquando la cultura funeraria raggiunse il suo apice. Di fronte all’ingresso del sito è collocata la tomba rivestita a mosaico, datata VI secolo; le pareti sono decorate, invece, da affreschi del VI-VII secolo.
Diverse associazioni di giovani, tutti provenienti dal Rione Sanità, si occupano della gestione e della cura delle catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso: a loro è stata affidata anche la messa in sicurezza dei luoghi storici, dopo la loro scoperta. Grazie alla loro passione e al loro impegno, sono diventati due dei siti napoletani più apprezzati, con più di 100.000 visitatori all’anno.
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