La Basilica di San Giovanni Maggiore si trova nel cuore del centro storico di Napoli, lì dove sorgeva l’antica città greco romana, precisamente in Vico S. Maria dell’aiuto.
La chiesa, perla del barocco napoletano, è una testimonianza, come tante altre, della città partenopea e degli innumerevoli periodi storici e culturali che l’hanno attraversata nel tempo. Il progetto iniziale è stato totalmente stravolto, nel corso dei secoli, non solo a causa del susseguirsi di coloro che si sono dedicati alla gestione della chiesa ma, specialmente, per i molteplici eventi catastrofici che l’hanno distrutta e costretta, successivamente, a ricostruzioni e restauri.
La sua fondazione risale attorno al secondo secolo, per volontà dell’imperatore Costantino. Il tempio originario era, probabilmente, dedicato ad Antinoo, amore proibito dell’imperatore che, una volta morto, venne da lui divinizzato, per evitare che il suo nome venisse dimenticato. L’edificio parrebbe, inoltre, sia stato dedicato anche ad Ercole poiché, al suo interno, è stata ritrovata una intitolazione all’eroe da parte di un colono greco. Quando poi, nel 313, Costantino emise l’editto che apriva le porte al culto cristiano, il tempio venne convertito in una chiesa, appunto, cristiana dedicata a San Giovanni Battista e a Santa Lucia, ai quali Costanza, la figlia stessa dell’imperatore, si era affidata per sopravvivere ad un naufragio.
Quattro secoli dopo, per mano del vescovo Vincenzo, la chiesa venne stravolta, ampliata ed arricchita con motivi argentati; inoltre, attorno ad essa, vennero costruiti dei complessi per permettere, ai preti che se ne occupavano, di poter soggiornare nei suoi pressi. La cosa più interessante di questo primo rimaneggiamento è che, a differenza di come avvenne in molte altre basiliche, il vescovo non volle coprire il passato architettonico con le nuove forme da lui imposte, bensì amalgamò l’antica struttura romana all’interno delle nuove mura della chiesa, come si può ammirare nell’abside, che vede un pezzo di muratura romana, con annesse colonne, inglobato nelle mura “moderne”.
Nel 1635 un sisma distrusse la chiesa e questa venne ricostruita, in stile barocco, dall’architetto Dioniso Lazzarri. Dopo questa data, si susseguirono altri innumerevoli terremoti che distrussero la struttura più volte, costringendola a continui restauri e ristrutturazioni. Addirittura dal 1907, quando la volta cedette, l’edificio rimase chiuso e sconsacrato per ben quarantadue anni, lasciato in balia di ladri e sciacalli che lo saccheggiarono di moltissime opere pregiate che conservava al suo interno.
La basilica è stata riaperta solo nel 2012 grazie all’Ordine degli Ingegneri, che ha operato numerosissime manovre di restauro di tutti gli ambienti dell’edificio.
Gli interni della chiesa, in particolare, sono tipicamente basilicali, con pianta a croce latina con tre navate e numerose cappelle laterali, anche se la parte che più attira l’attenzione del visitatore è sicuramente l’abside semicircolare, che ingloba i resti della chiesa romana e che contiene l’altare maggiore, sublime opera di Domenico Antonio Vaccaro.
Una delle cose più interessanti, però, è che si può accedere ai suoi sotterranei, costituiti da un labirinto sormontato da archi stuccati di bianco, che ospitano numerose stanze murate al cui interno sono ammassate pile e pile di corpi, probabilmente seppelliti lì in una delle numerose epidemie di colera che afflissero la città.
La leggenda più peculiare di questa chiesa riguarda il fatto che, al suo interno, pare si trovi il sepolcro della sirena Partenope, della quale (proprio in quanto creatura mitologica) non si sarebbe mai trovato il luogo di sepoltura. Una circostanza verosimile perché, secondo le leggende, le spoglie di Partenope, una volta ritrovate sull’isolotto di Megaride, sarebbero state trasportate al di sopra di un’altura non molto lontana dal mare. Sebbene non si siano mai trovati resti al di sotto della chiesa dell’ipotetico tempio dedicato alla sirena, la posizione della basilica di San Giovanni Maggiore potrebbe corrispondere a quella descritta.
Ad accreditare questa teoria è stato il ritrovamento di una lapide che recita: “Partenope tege fauste”; un’iscrizione talmente misteriosa che la chiesa dovette aggiungere una seconda lapide per farne meglio comprendere il significato. La frase mutò in: “Omnigenum Rex Aitor Scs Ian Partenopem tege fauste” cioè “Sole che passi nel segno del mese di Gennaio, generatore di tutti i beni, proteggi felicemente Partenope“.
L’iscrizione cita il mese di Gennaio perché questo è il momento dell’anno in cui è possibile ammirare, nella maniera più chiara, la Costellazione della Vergine, traduzione letterale della parola Partenope.
Un’altra interpretazione lega Partenope a San Giovanni, simbolo della protezione del valore della verginità.
Oggi questa chiesa, ricca di leggende e misteri, ospita numerosissimi eventi per la vita napoletana, a partire dalle mostre d’arte multimediali, come la Van Gogh Immersive Expercience, e da quelle fotografiche, ad arrivare a concerti di piano e tantissimo altro ancora.
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