A Napoli, nel corso dei secoli, si sono avvicendati i popoli più disparati e diverse dominazioni, ognuna delle quali ha lasciato traccia di sè, sia nella cultura che nell’inestimabile patrimonio artistico.
Nei primi anni dell’Ottocento, dopo lunghi trascorsi di egemonia Borbonica, la città conobbe un periodo di dominazione francese, conosciuto, appunto, con il nome di “decennio francese”.
Gioacchino Murat, proclamato re di Napoli, arrivò in città e si propose di ripulirla; in particolare, si interessò del cosiddetto “largo di palazzo”(che si trovava davanti il Palazzo Reale, la residenza del re): lo liberò dai malviventi che lo frequentavano, demolì i conventi e gli edifici che lo affollavano e ordinò la costruzione di una grande piazza, che avrebbe dovuto chiamarsi “Gran Foro Gioacchino”.
Istituì anche un concorso per decidere a chi affidare i lavori: fu vinto dall’architetto Leopoldo Laperuta che, proprio di fronte al Palazzo Reale, costruì un ampio porticato con 38 colonne doriche. Il progetto originario prevedeva che questa grande struttura avrebbe dovuto delimitare, al centro, una zona circolare dedicata alle assemblee popolari.
Tutto ciò non fu mai portato a compimento perchè, nel 1815, Gioacchino Murat fu cacciato da Napoli e fu restaurata la corona borbonica: Ferdinando I di Borbone, quindi, come ringraziamento nei confronti di San Francesco di Paola per la riconquista del regno (che riteneva merito di una sua intercessione) e come risarcimento per la distruzione dei conventi, ordinò di edificare una chiesa dedicata al santo, al centro del porticato, e fu chiesto espressamente che la cupola non superasse l’altezza del Palazzo Reale.
Con un secondo concorso, si stabilì che a dirigere i lavori fosse l’architetto Pietro Bianchi. L’impresa partì nel 1817 e si concluse nel 1824, dando alla luce una chiesa in chiaro stile neoclassico, ispirata al Pantheon di Roma. Fu, però, inaugurata solo 12 anni più tardi da papa Gregorio XVI, che le concesse il privilegio di essere la prima chiesa di Napoli con l’altare rovescio (cioè rivolto verso la platea).
La facciata della Chiesa è anticipata da un pronao sorretto da sei colonne in stile ionico, sul quale è possibile leggere la dedica al santo. Due pilastri laterali reggono l’architrave, a sinistra troviamo una statua di San Francesco di Paola, a destra una di San Ferdinando di Castiglia e, sulla sommità, quella della Religione.
Nel porticato sottostante, invece, sono state poste le statue delle quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e delle tre virtù teologali (fede, speranza e carità).
Lungo tutto il perimetro della chiesa, inoltre, si innalzano trentaquattro colonne di marmo di Mondragone alte undici metri, terminanti con capitello corinzio decorato con il giglio, fiore tipico della casata dei Borbone, a cui si interpongono otto pilastri della stessa altezza.
Il corpo centrale, invece, ha forma rotonda ed è pavimentato con meravigliosi marmi policromi.
All’interno troviamo anche una tela di Luca Giordano mentre, di fronte all’ingresso, è ubicato l’abside, decorato con pietre preziose e lapislazzuli, disegnato da Ferdinando Fuga e trasferito qui dalla chiesa dei Santi Apostoli.
La piazza è facilmente raggiungibile con la metropolitana della Linea 1 (collegata a piazza Garibaldi): basta scendere alla fermata di Via Toledo e proseguire fino alla fine della strada omonima, superando Piazza Trieste e Trento.
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