Trascorrendo del tempo a Posillipo, presto ci si rende conto che sono in molti a chiamarsi Strato.
Non è nè un soprannome nè un diminutivo, ma un nome che ha origini lontane: proviene , infatti, dal greco “stratòs”, che significa “esercito”-“soldato” , e pare che la divinazione che riceve oggi nella zona del Casale di Posillipo, di cui è santo patrono, derivi dall’opera di un gruppo di greci di Nicomedia (oggi in Turchia, Anatolia, Medio Oriente, all’epoca Impero Greco) che emigrarono in Occidente portando con loro la devozione al martire loro compatriota.
Una tradizione narra che, nel 1266, tre greci, dopo aver raccolto il denaro necessario, esibendosi come giullari, fecero costruire a Posillipo, sulle rovine di un tempio pagano, una piccola cappella dedicata al santo.
Secondo altre fonti, invece, Strato si arruolò come legionario nell’esercito romano e sbarcò a Neapolis, lungo la costa di Pausilipon, con l’incarico di sorvegliare delle proprietà di alcuni ricchi romani. Sembra che fosse un uomo estremamente autoritario che, però, sia stato mitigato dall’incontro con il vescovo Agrippino, di passaggio a Napoli, che lo battezzò. Strato passò, così, dall’essere un uomo rude e schivo a ritrovarsi difensore dei poveri e degli oppressi, tanto che ne aiutò molti a lasciare la costa di Marechiaro, invasa dai Saraceni, per condurli sulla collina. Dopo aver aiutato questa popolazione a sistemarsi e ricostruirsi, decise di continuare la sua opera di evangelizzazione nei paesi della Magna Grecia, dove conobbe altri tre predicatori, Filippo, Eutichiano e Cipriano, con i quali condivise l’arresto e la condanna a morte.
Tutto cominciò quando entrarono in un teatro per distogliere il popolo dagli spettacoli pagani e dai riti degli idoli, per indurli al culto della fede cristiana, riuscendo ad allontanare e convertire parecchie persone. Il governatore, venuto a conoscenza dell’operato dei tre fedeli, li convocò: i quattro affermarono tranquillamente di essere stati loro a convertire buona parte del pubblico, venendo condannati ad essere dati in pasto alle belve feroci.
Qui, però, la storia si confonde con la leggenda: i tre martiri, infatti, non furono sbranati dalle belve che, invece, si mostrarono stranamente mansuete; quindi, furono torturati e bruciati vivi.
Così, il cerchio si chiude: tre greci di Nicomedia sono arrivati nell’antica Neapolis e qui hanno fondato l’antica cappella dedicata al culto del santo, nel 1266, sulle rovine di un antico tempio romano. La cappella venne, poi, ricostruita e ampliata nel 1572, grazie all’interessamento di don Giovanni Leonardo Basso, abate di San Giovanni Maggiore, che ne curò anche decorazioni e affreschi. La chiesa, quindi, divenne parrocchia pochi anni dopo, nel 1597, e fu dedicata a Santa Maria delle Grazie in Santo Strato.
Nel 1728 venne rifatto l’altare maggiore che, fino ad allora, era ancora rappresentato da quello dell’originaria cappella. Alle sue spalle venne collocato un quadro raffigurante Santo Strato con la Madonna delle Grazie e San Francesco di Paola. Una scultura del santo titolare, inoltre, opera di Giacomo Colombo (discepolo di Francesco Solimena) e risalente al VII secolo, è custodita presso uno degli altari laterali posti lungo la navata.
Il martirio di Santo Strato e dei suoi compagni si celebra il 17 Agosto di ogni anno ed è una festa particolarmente sentita dagli abitanti del quartiere.
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