A Napoli, precisamente in zona Capodimonte, vi è Via Santa Maria ai Monti, nella località Ponti Rossi del quartiere San Carlo all’Arena, uno dei più abitati e popolati della zona.
Tra i molteplici edifici che ospita, di diversa natura gli uni dagli altri – da quelli storici, al museo, all’acquedotto, al complesso residenziale – è stata innalzata una struttura religiosa.
Si tratta del Complesso di Santa Maria dei Monti.
Il compendio immobiliare fu così denominato grazie ad un dipinto di Girolamo D’Arena del diciottesimo secolo.
Nell’icona, l’artista ha rappresentato un trono, formato da tre monti, sul quale si poggia Maria, che sostiene il Bambino tramite il braccio sinistro, braccio mediante il quale, quest’ultimo, regge il mondo, a rappresentare la cooperazione tra Madre e Figlio per la salvezza dell’uomo.
Attorno alla Santa Famiglia vi sono San Pietro e San Paolo, che fecero ottenere all’opera, inizialmente, il nome di “Madre Regina degli Apostoli” e, dietro questi ultimi, tre angeli riempiono lo sfondo.
Carlo Carafa, presbitero italiano e fondatore della congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali, commissionario dell’icona, decise di far innalzare il complesso in questione come sede della sua nuova congrega e fu da lì che il dipinto venne conosciuto come “Santa Maria ai Monti“, situandolo nell’omonima via.
La costruzione dell’immobile trovò non pochi problemi ad attenderla.
Il posto prescelto risultò accidentato e, quindi, si fu costretti ad intervenire preventivamente, in maniera imponente, sul terreno; l’eruzione del Vesuvio del 1631, però, rallentò i lavori, motivo per il quale si decise di utilizzare un nuovo progetto, quello di Cosimo Fanzago, che venne completato nel 1654.
La storia dello stabile proseguì sulla riga degli scossoni inattesi e, quando la peste colpì il luogo, sopravvissero soltanto due Pii operai, che dovettero anche superare un terremoto, che distrusse quella che era la loro abitazione, costringendoli a lavori di restauro; in seguito, si trovarono a dover affrontare un secondo sisma, che impose consolidamenti da apportare alla struttura, effettuati da Giovan Battista Anaclerio.
Nel periodo Napoleonico, dopo nuove modifiche al Complesso, i Pii vennero espulsi e la Chiesa derubata.
Con l’Unione d’Italia, il posto divenne residenza per gli ufficiali del comando militare, che la utilizzarono per molteplici fini.
Successivamente ritornò nelle mani del clero, divenendo un centro di accoglienza per sordomuti e, con l’avvento del Novecento, i Padri Passionisti ne presero il possesso.
Fu così che divenne la Casa madre dei Passionisti della Provincia dell’Addolorata e sopravvisse ad ulteriori terremoti.
Di pianta a croce greca, il Complesso è ricco di stucchi settecenteschi.
Il marmo è largamente utilizzato, col cotto che fa da pavimento alla struttura.
Un alto numero di opere pittoriche dà rilevanza al Complesso, tra cui l’affresco nella Cripta della Confraternita dell’Annunziata.
L’emblematico quadro di Santa Maria dei Monti, Regina degli Apostoli è collocato alle spalle dell’altare maggiore.
Vi è testimonianza del coro, la presenza di un organo e di una peculiare edicola antica, presente nel giardino del convento.
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