Chi non ha mai esclamato almeno una volta nella vita. Ebbene sì, dietro questa espressione popolare c'è un'icona: il forte legame con l'immagine religiosa della Madonna del Carmelo, conosciuta anche come "Madonna Bruna" per la sua pelle scura, che richiama l'icona bizantina. Ma perché questa Vergine è così amata dal popolo napoletano? Quali prodigi ci svelano? Per scoprirlo, dobbiamo fare un salto nel passato. Il culto della Madonna del Carmine, o Madonna del Carmelo, è molto più antico di quanto si possa pensare. Infatti, viene citato nell'Antico Testamento nel Primo Libro dei Re, in cui si narra della costruzione di una chiesa sul Monte Carmelo in Israele, dopo una serie di eventi.La leggenda narra che alcuni monaci, fuggendo dalle terribili persecuzioni dei saraceni in Palestina, arrivarono a Napoli porta con sé l'immagine sacra della Madonna, che originariamente era venerata sul Monte Carmelo in Israele. Giunti in città, collocarono l'icona sacra all'interno di una grotta situata vicino alla marina, che in passato era dedicata al culto di San Nicola. Il tempio dedicato alla Madonna del Carmine fu costruito tra il 1283 e il 1300, ma le successive ristrutturazioni nei secoli XVII e XVIII cancellarono l'antico aspetto medievale. La Madonna del Carmine fu oggetto di grande venerazione da parte del popolo napoletano fin dai primi tempi, e la sua vicinanza strategica a piazza Mercato, il centro commerciale della città, favorì la devozione da parte dei più umili e la diffusione del suo culto. In alcuni documenti del 1457, quando il culto raggiunse l'apice, si specificava che i napoletani erano profondamente legati alla Madonna del Carmine, a cui rivolgevano suppliche e ringraziamenti.
La sua commemorazione è fissata il 16 luglio, secondo il calendario cristiano, attraverso una serie di eventi che coinvolgono il cuore antico di Napoli. L'origine di questa festa risale molto probabilmente al 1500, quando l'icona della Madonna Bruna fu portata in processione a Roma, seguita da miracoli lungo il percorso di pellegrinaggio. Nei resoconti dell'epoca si narra del famoso "Incendio del Campanile", chiamato anche "castello", forse per ricordare l'assedio del Campanile, utilizzato come fortezza militare, che veniva acceso con spettacolari fuochi d'artificio. I festeggiamenti, che raggiunsero il loro apice nel 1700 in occasione del bicentenario del pellegrinaggio della Madonna Bruna a Roma, furono ancora più spettacolari con l'aggiunta di luminarie, fuochi pirotecnici locali e musica d'orchestra. Napoli, sotto la guida di Carlo III di Borbone, conobbe un rinascimento culturale e tradizionale, grazie anche al generoso contributo dei reali e dei nobili che, con donazioni significative, garantirono la perpetuazione della Festa del Carmine.
L'icona della Madonna Bruna, a tutti nota, è probabilmente opera di un maestro della scuola toscana del XIII secolo e non, come si pensava, di un artista di origine orientale. Il dipinto raffigura la Vergine con il bambino all'interno di un formato rettangolare, alto un metro e largo 80 cm. Realizzato con la tecnica della tempera, ritrae la Madonna e Gesù bambino in un atteggiamento di dolce intimità tra madre e figlio, in un legame naturale e complice. Per questo motivo viene chiamata "l'immagine della tenerezza", poiché evoca un forte impatto emotivo, frutto di preghiera e contemplazione, che induce all'amore e alla venerazione della Madre di Dio e degli uomini. Il volto bruno della Madonna evoca la salvezza, ispira protezione e suscita nei cristiani sentimenti di pietà e misericordia. All'interno del dipinto si possono notare numerosi simboli che ne spiegano i messaggi: l'oro dello sfondo e l'aureola che indicano la santità della Madre e del figlio, nonché l'attribuzione al Sole, simbolo della luce divina; il colore azzurro del mantello è legato alla maternità e simboleggia l'acqua, sinonimo di fertilità. Il colore rosso celebra il trionfo dell'amore che unisce la madre al neonato, così come la tunica color pelle, che rappresenta l'incarnazione di Gesù, ci ricorda che egli è l'Agnello di Dio. La stella a coda pendula posta sul manto della Madonna simboleggia la sua Verginità perpetua, prima, durante e dopo il parto. Lo sguardo di entrambi è rivolto allo spettatore ed esprime la missione redentrice di Gesù e la partecipazione di Maria. Tutta la scena è un susseguirsi di dolcezza e infinita tenerezza, in cui la Vergine mostra la mano destra in risposta alla nostra supplica: "Mostraci Gesù, frutto benedetto...", e ci indica: "Ecco il cammino, la verità e la vita".
La leggenda del Crocifisso miracoloso Per i fedeli della Madonna del Carmine, questo «miracolo» attesta l'autenticità dell'amore e della protezione che la Vergine Maria riserva al popolo napoletano da molti secoli. La leggenda del Crocifisso miracoloso si colloca nel XV secolo, quando gli Angioini e gli Aragonesi si contendevano il regno di Napoli e il dominio della città. Il re Renato D'Angiò allora reggente, per proteggere i suoi possedimenti contro Alfonso D'Aragona che era entrato in città, aveva fatto posizionare le sue artiglierie sul Campanile del Carmine (la parte più alta della città) tramutata in fortezza militare, le cui mura erano state edificate nel 1170. le armi da fuoco miravano sull'accampamento del nemico, al Borgo Loreto. La leggenda e la storia raccontano che l'infante Pietro (fratello del re Alfonso) il 17 ottobre del 1439 diede miccia ad una grossa bombardata detta la «Messinese» ovvero una grande palla di cannone (conservata intatta nella cripta della Chiesa del Carmine) che sfondò le mura della chiesa attraversando l'abside fino a toccare il Crocifisso. Tutti supponevano la completa o parziale distruzione del Crocifisso per poi accorgersi di un evento straordinario: il Cristo di legno per evitare il colpo, chinò la testa sulla spalla destra, senza subire alcun danno. Un vero miracolo, come si nota ancora oggi. Il giorno dopo, l'infante Pietro D'Aragona, non contento, volle di nuovo azionare il Messinese, ma un colpo partito dal campanile (punizione divina?) dalla bombarda chiamata la "Pazza" troncò il capo all'infante Pietro e dopo una serie di lotte, re Alfonso pose fine alla dura battaglia. Il 2 giugno il re Alfonso D'Aragona entrò a Napoli da Vittorioso e volle recarsi al Carmine per venerare il Crocifisso miracoloso e riparare così l'ingrato gesto del fratello minore, a cui fece dedicare un'importante tabernacolo. «(..seguendo la Domenica ad ora del Vespro, il Rè con grandissimo trionfo si recò nella Venerabile Chiesa del Carmine per vedere il miracolo del Santissimo Crocifisso, cui s'adorò divotamente, Lui l'Illustrissimo Indico d'Avololos gran Siniscalco del Regno suo Germano e altri due de' Magnati, che assistettero al Rè, con grande ossequio l'additorno al luogo da dove era venuta la palla della bombarda. (…)» esposto dal P. Filocalo Caputo nel suo volume “Il Monte Carmelo” 4 ed., Napoli 1683. Il tabernacolo fu eretto dopo la morte di re Alfonso, che accolse il 26 dicembre del 1459 l'immagine sacra del Crocifisso; da allora ogni anno nel giorno della «svelazione» il 26 dicembre viene esposta al pubblico il famoso Crocifisso, per 8 giorni fino al 2 gennaio. La stessa cerimonia si presenta il primo sabato della Quaresima per ricordando lo scampato pericolo della terribile tempesta che si abbatté su Napoli nel 1676, che risparmiò la città dalla minaccia (seconda la leggenda popolare) grazie all'intercessione del Crocifisso.
Sia Piazza del Carmine che la sua omonima chiesa basilicale sono testimoni da secoli delle voci rumorose del popolo, delle interminabili battaglie dei sovrani, delle festose celebrazioni della tradizione popolare e delle atrocità che hanno colpito i personaggi storici più importanti del regno. Tra questi, ricordiamo il tragico destino del giovane e valoroso Corradino di Svevia, l'ultimo regnante della sua dinastia, che venne decapitato (secondo la tradizione di Giovanni Frangipane) in piazza il 29 ottobre del 1268 per ordine di Carlo D'Angiò. Una storia toccante, una lotta tra papato e impero che viene descritta anche da Dante nella Divina Commedia, nel XX canto del Purgatorio. Le spoglie di Corradino riposano nella Chiesa del Carmine, dove secoli dopo fu eretto un nobile monumento funebre per volontà di Massimiliano II di Baviera, che lo onorò degnamente. Ogni anno, nel giorno dell'anniversario della sua morte, nella Chiesa del Carmine si celebra una messa in suffragio in suo onore. E pensiamo che Hitler, ossessionato dall'occulto e dall'esoterismo, nel 1943 pretese il ritorno delle spoglie di Corradino in Germania per plasmare il suo "Pantheon degli Imperatori". Fortunatamente, grazie all'intervento tempestivo dei frati carmelitani, che coprirono accuratamente la lapide con grandi tappeti, i soldati delle SS furono ingannati e non riuscirono a sottrarre nulla del tanto desiderato bottino. Corradino è nostro!
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