A Napoli, gli edifici di culto, ancora in uso o abbandonati a sè stessi, sono numerosissimi e, molto spesso, sconosciuti ai più.
Uno di questi è sicuramente l’Oratorio della Confraternita dei Bianchi dello Spirito Santo, che si trova, appunto, in vico Bianchi allo Spirito Santo, accanto alla omonima chiesa, in una zona molto popolare, tra via Toledo e i Quartieri Spagnoli.
Costruito nel 1555 per volontà della Real Compagnia ed Arciconfraternita dei Bianchi dello Spirito Santo, era già presente al momento della prima costruzione della Basilica dello Spirito Santo, risalente al 1562.
La chiesa fu edificata nell’area dove si trovava il palazzo del duca di Monteleone e fu concepita come una piccola struttura annessa a due conservatori musicali, collocati ai suoi lati; erano nati, rispettivamente, dalla congrega dei Bianchi e da quella dei Verdi, così chiamate per via degli abiti indossati dalle alunne ospitate che, in un complesso, erano le povere della città mentre, nell’altro, erano le figlie delle prostitute.
Nel 1748 Nicola Tagliacozzi Canale disegnò la sacrestia e, nel 1754, Luigi Vanvitelli scelse, fra quattro progetti incentrati sui rifacimenti della chiesa, quello di Mario Gioffredo, che venne, però, iniziato solo nel 1758.
Quando la basilica fu ampliata, tra il 1572 e il 1576, gli spazi dedicati ai conservatori furono inglobati dalla nuova struttura, lasciando visibile solo l’oratorio, testimonianza, ancora oggi, del Rinascimento a Napoli.
Gli interni dell’oratorio sono ricchi di elementi di pregevole fattura, come gli altari di marmo, una tavola del XVI secolo che raffigura la “Madonna delle Grazie con santi” di Girolamo Imparato, una tela del XVIII secolo raffigurante la “Madonna tra i Santi Antonio e Francesco da Paola” di Pietro Bardellino, una tela del XVIII secolo raffigurante “San Nicola” di Saverio Persico e una tavola del XVI secolo raffigurante la “Pentecoste”, che si trova in sacrestia.
Molto importante è anche la collezione di argenteria appartenente alla Confraternita, ora in mostra al Pio Monte della Misericordia.
Nel 1929, infine, cominciarono i lavori di restauro, ripresi, poi, dopo il terremoto in Irpinia del 1980.
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