Sergio De Simone nasce a Napoli, nel quartiere Vomero, il 29 novembre 1937.
Il padre, Edoardo De Simone, che segue la fede cattolica, presta servizio come sottufficiale nella Marina Militare Italiana. La madre, Gisella Perlow, mente di origine ebraica, nasce a Vidrinka, un luogo che non esiste più, situato in un'area imprecisa tra Bielorussia e, molto probabilmente, l'Ucraina, il 23 settembre 1904. I due si incontrano a Fiume, la città in cui la famiglia di Gisella risiede. Dopo il matrimonio, la coppia si stabilisce a Napoli.
Durante la guerra, con il marito Edoardo De Simone richiamato nella Regia Marina, Gisella decide, nell'agosto del 1943, di trasferirsi a Fiume con il suo piccolo Sergio, per riunirsi alla sua famiglia, composta da madre, fratelli e sorelle. In passato, Gisella aveva sempre trascorso l'estate con la sua famiglia, ma stavolta decide di prolungare la sua permanenza a Fiume, poiché a Napoli non ha nessuno e l'intero Paese è immerso in un clima di incertezza a causa della guerra. Quell'estate, a Fiume, trascorre tranquillamente e nulla fa presagire gli eventi che si verificheranno poco dopo. Dopo l'8 settembre 1943, Fiume diventa direttamente sotto il controllo tedesco. Il 21 marzo 1944, grazie alla delazione di un informatore, i tedeschi arrivano a casa Perlow e arrestano 8 membri della famiglia, tra cui Gisella, il giovane Sergio (6 anni) e le cugine Andra e Tatiana Bucci di 6 e 4 anni. Queste ultime diventerebbero le più giovani sopravvissute italiane a Auschwitz.
La famiglia Perlow viene deportata al campo di concentramento di Risiera di San Sabba e subito inserita nel gruppo di prigionieri che il 29 marzo parte per Auschwitz. Dopo sei lunghi giorni di viaggio, il convoglio T25 raggiunge la sua destinazione. La madre e il bambino superano la prima selezione e Sergio viene assegnato, insieme alle cugine, alla Baracca dei bambini. Nel novembre 1944, il dott. Joseph Mengele seleziona Sergio tra i venti bambini (dieci maschi e dieci femmine) da inviare al campo di concentramento di Neuengamme, dove sarebbero stati utilizzati come cavie umane per gli esperimenti sulla tubercolosi del dottor Kurt Heissmeyer.
Fin dall'aprile 1944, Kurt Heissmeyer aveva condotto esperimenti medici su prigionieri di guerra russi. Come testimoniato dal perito del tribunale che ha giudicato Heissmeyer negli anni '60, egli non possedeva alcuna conoscenza scientifica nell'ambito dell'immunologia e della batteriologia, ma si basava su conoscenze generiche tratte da studi scientificamente non attendibili. Tuttavia, Heissmeyer era convinto che l'inoculazione di bacilli tubercolari sotto la pelle dei soggetti avrebbe causato la formazione di focolai di infezione che avrebbero stimolato una risposta immunitaria in grado di vaccinare contro la tubercolosi polmonare. Nonostante i risultati iniziali negativi, e sostenuto da influenti appoggi tra i gerarchi nazisti, Heissmeyer insistette affinché l'esperimento proseguisse, questa volta coinvolgendo bambini ebrei.
Sergio De Simone e gli altri diciannove bambini, provenienti da Francia, Paesi Bassi, Cecoslovacchia e Polonia, giunsero a Neuengamme il 29 novembre 1944, proprio nel giorno del settimo compleanno di Sergio. Erano accompagnati dalla dott.ssa Paulina Trocki e da tre infermiere. A Neuengamme, i bambini furono affidati a quattro prigionieri, incaricati di prendersi cura del gruppo: i medici francesi René Quenouille e Gabriel Florence e gli infermieri olandesi Anton Hölzel e Dirk Deutekom. Per alcune settimane, i bambini vissero un periodo relativamente tranquillo; per il successo degli esperimenti, era fondamentale che rimanessero in buona salute. Tuttavia, il 9 gennaio 1945, il dott. Kurt Heissmeyer decise che era arrivato il momento di avviare i suoi esperimenti: ai bambini vennero iniettati ripetutamente batteri tubercolari, causando la rapida diffusione della malattia. All'inizio di marzo, i bambini, malati e febbricitanti, furono sottoposti a un intervento chirurgico per rimuovere i linfonodi situati nella zona ascellare, che secondo le teorie del medico avrebbero dovuto produrre gli anticorpi contro la tubercolosi. Esiste una serie di venti fotografie che testimoniano questo momento, in cui ogni bambino (compreso Sergio) viene mostrato, completamente rasato, a torso nudo, con il braccio destro alzato per mostrare l'incisione all'ascella. Ancora una volta, gli esperimenti non ebbero successo: i linfonodi rimossi vennero inviati al dott. Hans Klein, un patologo della clinica di Hohenlychen, che il 12 marzo 1945 riferì a Heissmeyer che non erano stati generati anticorpi.
Dopo che Heissmeyer lascia il campo di Neuengamme e gli Alleati si avvicinano, il comandante del campo, Max Pauly, decide di far sparire ogni prova degli esperimenti. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1945, Sergio e gli altri bambini vengono trasferiti alla scuola di Bullenhuser Damm ad Amburgo, che fungeva da sezione distaccata del campo di Neuengamme. I loro guardiani, i medici francesi René Quenouille e Gabriel Florence e gli infermieri olandesi Anton Holzel e Dirk Deutekom, che hanno cercato fino all'ultimo di proteggerli, vengono uccisi insieme a sei prigionieri di guerra russi. Ai bambini viene somministrata una dose di morfina e poi impiccati alle pareti della stanza. L'eccidio si conclude con l'uccisione di altri otto prigionieri russi. I corpi vengono successivamente riportati al campo di concentramento di Neuengamme e cremati. Sergio muore insieme agli altri bambini, ingannati con la promessa di rivedere le loro madri.
Questo tragico evento ha segnato la vita di Sergio, che è stato vittima degli orrori della guerra e degli esperimenti medici crudeli e senza senso.
L'9 febbraio 2021, il nuovo Direttore Generale dell'AORN di Napoli, il dott. Rodolfo Conenna, ha voluto intitolare il Pronto Soccorso dell'Ospedale dei Bambini Santobono di Napoli a Sergio De Simone, in modo da mantenere viva la sua memoria. La ragione dietro questa scelta è il desiderio di commemorare quei bambini ai quali è stata negata l'assistenza medica, e per i quali il semplice gesto di prendersi cura di loro si è trasformato in un'esperienza traumatica. Proprio in un contesto in cui tutti i bambini, indipendentemente da chi sono e da dove vengono, ricevono cure e attenzioni, è importante ricordare coloro che sono stati discriminati. L'assistenza medica e la ricerca devono essere sempre un simbolo di speranza e di amore, che contrasta l'odio e la discriminazione.
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