La Cappella Palatina è una piccola chiesa che si trova all’interno del Maschio Angioino, lo splendido castello medioevale sito in piazza Municipio.
Vi si accede dal cortile del maniero tramite uno meraviglioso arco marmoreo, impreziosito dai rilievi eseguiti da Andrea dell’Aquila, e sormontato da un rosone vetrato in stile rinascimentale, che ha sostituito quello duecentesco distrutto in seguito ad un terremoto.
La cappella fu voluta fortemente dal sovrano angioino Carlo II d’Angiò il quale, però, morì prima che i lavori di costruzione venissero conclusi: lasciò, così, nelle sue disposizioni testamentarie, che l’edificazione della chiesa venisse lasciata nelle mani del figlio Roberto, detto il Saggio. Quest’ultimo, amante dell’arti e cultore del bello, oltre a portare a termine i lavori di costruzione della chiesetta, grazie al suo mecenatismo, fece sì che il Castel Nuovo diventasse centro di cultura, richiamando a corte i più famosi letterati, pittori ed artisti dell’epoca, come Boccaccio, Petrarca, Giotto, Cavallini e tanti altri. Inoltre, permise l’edificazione di numerosi altri edifici in stile gotico disseminati lungo il territorio napoletano come, ad esempio, le chiese di Santa Chiara e San Domenico.
La cappella è stata intitolata a San Sebastiano fino al 1612 e, successivamente, venne dedicata a Santa Barbara. Questa è, ad oggi, l’unica testimonianza della reggia Angioina, poiché tutto il resto del castello è stato, poi, ristrutturato in epoca aragonese. La chiesetta è un lampante esempio dello stile gotico, costituita da una singola navata le cui pareti sono scandite da una serie di strette finestre, tipiche dello stile duecentesco; non sono presenti cappelle laterali.
Inoltre, in fondo, a fianco della parete che affaccia sull’odierna Via Marina, c’è una porticina che conduce ad una scala a chiocciola che, in passato, rendeva comunicanti la Cappella Palatina con la Sala dei Baroni, ovvero l’antica sala del trono. L’interno della chiesa conserva solo alcuni affreschi appartenenti a Maso di Banco, mentre molti altri sono andati perduti.
I sonetti di un artista anonimo del 1350 attestano che, nel 1330, fu proprio la mano di Giotto a dedicarsi alla decorazione della navata della cappella, raffigurando scene del nuovo e del vecchio testamento, testimoniando minuziosamente tutto il lavoro dell’artista. Rimane intatta, di questo ciclo di affreschi, solo una piccola parte che decora gli sguanci delle finestre e che ricordano gli affreschi dello stesso autore nella cappella Brandi, nella chiesa fiorentina di Santa Croce.
La Palatina fu proprio la dimora napoletana di Giotto che, oltre ad affrescarla tutta, si dedicò anche alla decorazione della cappella parva, una chiesetta segreta che, probabilmente, si trovava al fianco dell’appartamento reale, ma che purtroppo non esiste più a causa delle ristrutturazioni degli aragonesi.
Gli affreschi della parte destra sono mano di un allievo di Maso di Banco, Niccolò di Tommaso, e rappresentano la storia della vita del santo guerriero Guglielmo di Gellone. Gli affreschi della parte sinistra sono, invece, opera di diversi artisti del XIV secolo e rappresentano storie cristologiche e di Sant’Antonio Abate.
Nella chiesetta sono conservate numerose sculture rinascimentali, come il “Tabernacolo”, con la Madonna ed il bambino, attribuito a Domenico Gagini, allievo di Donatello e Brunelleschi, o le due Madonne con bambino del dalmata Francesco Laurana, che si trovano in fondo alla sacrestia.
Oggi il Maschio Angioino è la sede del museo civico e la cappella Palatina ospita diversi eventi, come l’appena conclusa mostra di Antonio Ligabue: è possibile accedervi visitando il castello, aperto tutti i giorni, esclusa la Domenica, dalle 9.00 alle 19.00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Il costo dei biglietti è 6 euro.
La Domenica, invece, l’ingresso è gratuito sia per visitare il cortile che la Cappella Palatina, la Sala dei Baroni, la Sala dell’Armeria e la Sala della Loggia.
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