Una passeggiata di oltre un chilometro, un viavai di turisti, napoletani e lavoratori, un nugolo di negozi convenienti e di store dalle firme a tre zeri, la sede di meravigliosi palazzi monumentali, di chiese, importanti traverse laterali e di punti ristoro che propongono un invitante street food che inebria tutto il percorso con i suoi profumi: questo e molto altro è Via Toledo, a Napoli.
Ma chi vive la città dall'interno, e si ritrova a parlare con qualche parente un po' più in là con gli anni, sa che questa strada non ha avuto, nel corso della storia, sempre la stessa nomenclatura: fino a non troppi anni fa, infatti, lo stesso percorso urbano era chiamato "Via Roma" e ci sono nonni e zii che ancora si riferiscono a questa parte di Napoli con questo appellativo.
Dietro questa apparente confusione, in realtà, ci sono non solo motivi storici, ma anche accese diatribe e proteste che hanno visto i napoletani protagonisti di alcune scaramucce con i detentori del potere.
La nostra Via Toledo parte da Piazza Dante e termina in Piazza Trieste e Trento, ma quello che in tanti non sanno è che la sua conformazione originaria deriva dal fatto che la strada, voluta nel 1536 dal viceré Pedro Álvarez de Toledo, con progetto affidato agli architetti regi Ferdinando Manlio e Giovanni Benincasacorreva, correva lungo la vecchia cinta muraria di epoca aragonese, eliminata proprio da Don Pedro durante la realizzazione degli ampliamenti difensivi.
Il vicerè mirava a collegare Largo di Mercato (l'attuale Piazza Dante) a Chiaia, nascondendo quello che era noto come "chiavicone", cioè una fogna a cielo aperto che convogliava verso il mare le acque reflue che provenivano dalla zona collinare del Vomero.
Sono, quindi, quasi 500 anni che questo "pezzo di Napoli" esiste ed è proprio per questo che è un tassello fondamentale del puzzle che compone l'identità partenopea, tra canzoni e citazioni famose accreditate ai personaggi più influenti della storia d'Italia e del mondo, da quel momento in poi. Basti pensare a Stendhal che, nel suo "Rome, Naples et Florence", scrisse: "Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell'universo".
In effetti, Via Toledo è sempre stata anche tappa fissa dei famosi Grand Tour, quei viaggi culturali europei intrapresi dai ricchi rampolli delle famiglie francesi per accrescere il loro bagaglio culturale, artistico e politico.
Dopo la sua realizzazione, oltre ad affermarsi come punto nevralgico della città, per commerci ed affari, Via Toledo vide anche innalzare delle barricate sul suo suolo il 15 Maggio 1848, quando Federico II attuò la repressione contro i liberali partenopei; in quell'episodio furono tanti anche i morti.
Per arrivare il punto di svolta della storia, però, bisogna attendere il 1870: il 10 Ottobre di quell’anno, infatti, Paolo Emilio Imbriani, Sindaco di Napoli, pensò che fosse il momento giusto per cominciare a rivoluzionare l'urbanistica in modo da eliminare ogni riferimento borbonico; per questo, propose di cambiare nome all’antica via Toledo, intitolandola alla nuova capitale del Regno d'Italia: è così che cominciò ad esistere, da quel momento in poi, Via Roma.
Inutile dire che il popolo restò diviso sulla faccenda: quando si trattò di analizzare la cosa in consiglio comunale, furono in tanti a pensare che potesse essere alquanto azzardato cambiare nome ad un luogo rinomato ed importante dopo 334 anni. D'altro canto, i Borbone e il viceregno spagnolo erano lontani forse poco nel tempo, ma sicuramente tantissimo nel cuore delle persone, per cui i nomi non servivano a richiamare realtà politiche ma, semplicemente, erano ormai parte del tessuto tradizionale della città. Al rovescio della medaglia, naturalmente, c'era anche chi credeva che Napoli, eliminando quei riferimenti, avrebbe riconquistato quella dignità perduta durante la dominazione da parte di stranieri.
Naturalmente, era tutto un capriccio: la storia non si cancella a colpi di "cambi di nome" e ciò che è accaduto resta reale anche nel caso in cui tutti dimenticassero; ad ogni modo, per cercare una soluzione intermedia tra le due fazioni più estreme, si pensò di chiamare la strada “Via Roma già Via Toledo“.
Ma ai napoletani non sono mai piaciuti i contentini: venne, così, costituito il celebre “Comitato Pro via Toledo“, con a capo lo storico Bartolomeo Capasso, che vide anche l’adesione anche di personaggi illustri.
Nonostante tutto, per oltre 100 anni (fino al 1980) la decisione presa dal Sindaco fu incontestabile: le vecchie targhe stradali vennero sostituite e la strada cambiò nome, anche se, per qualche tempo, fu necessario piantonarle durante la notte, per evitare vandalismi, scempi e bravate di quella parte del popolo che era rimasta contraria.
In quell’occasione, anzi, nacque anche una filastrocca ironica che ancora riecheggia tra i più anziani: “Nu’ ritto antico, e ‘o proverbio se noma, rice: tutte ‘e vie menano a Roma; Imbriani, ‘a toja è molto diversa, non mena a Roma ma mena a Aversa“. In effetti, ad Aversa c'era la Real Casa dei Matti, il primo manicomio italiano mai costruito!
Fortunatamente, il cambio di nome non fu la rovina di questo importante snodo partenopeo: Via Roma, anzi, è stata importante strada dello "struscio" durante la Belle Époque e orgogliosamente immortalata nel film "Naples" dei Fratelli Lumière (1898).
Intanto, negli anni 30 e in quelli immediatamente successivi, avvennero alcuni cambiamenti fisici obbligati, con quello che venne definito il risanamento dell'allora Rione Carità.
Con il ritorno alla nomenclatura originale, poi, grazie alla Giunta Valenzi nel 1980, si è preparato anche il terreno per quella che, nel 2012, sarebbe stata denominata "Stazione Toledo" della Metropolitana di Napoli, vincitrice di premi e riconoscimenti in tutto il mondo per la sua straordinaria atmosfera innovativa e la sua particolarissima bellezza.
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