Percorrendo un qualsiasi itinerario nelle terre campane, è impossibile non rimanere catturati dagli splendidi panorami e dall’antica cultura che questi luoghi offrono a chiunque ne solchi i terreni.
È, inoltre, impossibile non rimanere colpiti da come le località, il loro bagaglio e i profumi riescano ad essere tradotti a pieno nei prodotti culinari che hanno da offrire. Emblema del connubio sapore-territorio è sicuramente il limoncello, tipico liquore della penisola sorrentina a base di limoni. Questa bevanda alcolica ha un grande successo ed è, infatti, diventata un prodotto fondamentale dell’economia campana, sia per il suo sapore delizioso, sia perché ne basta un sorso per riportare alla mente i profumi della costiera e le immagini dei suoi agrumeti a picco sul mare.
Questo dolce liquore nasce tradizionalmente attorno al novecento e molte sono le zone della Campania a contendersi la sua paternità, specialmente sorrentini, amalfitani e capresi.
Il “liquore giallo” partenopeo è così celebre e legato alla tradizione che la sua storia affonda le radici perfino nel mito: si racconta, infatti, che fu proprio il padre di tutti gli Dei, Zeus, a donare ad un comune mortale, figlio della terra delle sirene, l’antica ricetta per la preparazione della bevanda. C’è chi invece sostiene che il dolce liquore venne preparato per la prima volta all’interno di un convento monastico, per deliziare, tra una preghiera e l’altra, i palati dei monaci. Un’ultima ipotesi racconta che i pescatori dei borghi della costiera amalfitana fossero soliti, nelle fredde mattine, bere un’alcolica bevanda al limone al fine di corroborarsi.
Sebbene la contesa della paternità del “liquore giallo” tra Amalfi, Capri e Sorrento sia molto aspra, e sebbene, probabilmente, non si verrà mai a capo di questa questione, c’è da dire che la prima a registrare il marchio del limoncello è stata proprio Capri. Fu, infatti, proprio su quest’isola che, nel 1988, Massimo Canale iniziò a produrre il limoncello secondo l’antica ricetta della nonna e, in seguito al suo successo, ne registrò il marchio.
La ricetta del tipico liquore di limoni può sembrare banale, ma è estremamente legata alla tradizione ed è per questo che ne esistono tante. Sicuramente la più grande differenza che si riscontra tra le diverse varianti sta nella materia prima: l’oro della penisola sorrentina, i limoni.
Il vero limoncello campano è riconoscibile perché è prodotto esclusivamente con limoni di varietà campane IGP (Indicazione Geografica Protetta); ci sono, però, due scuole di pensiero per quanto riguarda la tipologia di limoni da impiegare. Alcuni sostengono che bisogna utilizzare il femminiello di Sorrento, anche detto “ovale di Sorrento” per la sua forma. Questa tipologia di limone di dimensioni medio-grosse presenta una buccia mediamente spessa di colore giallo citrino ma ricca di oli essenziali; la sua polpa è invece di colore giallo paglierino e si differenzia da quella del limone amalfitano per via della sua acidità.
Un’altra scuola di pensiero vuole, invece, che la ricetta del limoncello usi gli “sfusati amalfitani” o “limoni costa d’Amalfi”, che si differenziano dai loro parenti “citrus” sorrentini per caratteristiche organolettiche e metodi di coltivazione. La buccia di questi tipici limoni, che crescono riparati dai venti freddi grazie alla presenza della catena montuosa dei Monti Lattari, è di un giallo chiaro, ricca di oli essenziali e terpeni che gli conferiscono il tipico profumo. All’interno la polpa è succosa e molto meno acida rispetto ai femminielli sorrentini e con scarsa presenza di semi.
Il secondo punto del dibattito sul limoncello riguarda il grado di maturazione dei limoni: questo perché un frutto giallo e, quindi, totalmente maturo, darà luogo ad una bevanda piuttosto dolce, mentre, al contrario, quando il limone è ancora acerbo, presentandosi di colore verdastro, genererà un liquore dal sapore più aspro ed amarostico. Tutto dipende dal fatto che, a diversi stadi di maturazione, corrispondono diverse concentrazioni di carotenoidi, sostanze fenoliche ed oli essenziali e, di conseguenza, diverse caratteristiche organolettiche.
Una cosa, però, che mette d’accordo chiunque si accosti a preparare il limoncello è quella di dover utilizzare limoni non solo IGP, ma soprattutto che non abbiano subito trattamenti con prodotti chimici.
Nonostante le disquisizioni, insomma, sui metodi e sulle migliori materie prime da utilizzare, la ricetta segue, più o meno, sempre gli stessi procedimenti.
INGREDIENTI
- 1 litro di alcool;
- 1 litro di acqua;
- 10 limoni, grandezza media;
- 600 grammi di zucchero.
PREPARAZIONE
In primo luogo bisogna lavare ed asciugare accuratamente i limoni, tenendo cura di non strofinarli, al fine di non rovinare il profumo del frutto.
Successivamente bisogna, servendosi di un pelapatate, sbucciare gli agrumi e porre le bucce appena ottenute in un litro di alcol etilico. Non bisogna tagliarle o schiacciarle, per evitare di ottenere un liquore con un sapore estremamente tanninico.
In seguito, queste bucce vanno lasciate in infusione in un contenitore per minimo 10 giorni (massimo 40), a seconda di quanto si vuole che il prodotto diventi denso.
Una volta terminato il periodo di infusione vengono allontanate le bucce e viene aggiunto alla soluzione un litro d’acqua con 600g di zucchero, che precedentemente si sarà fatta bollire e poi raffreddare.
Infine, si passa alla fase del filtraggio, nella quale bisogna, con l’aiuto di un colino, eliminare tutti i resti di bucce che si trovano nel liquore.
Una volta portata a termine la preparazione si prosegue con l’imbottigliamento e, cosa non meno importante, con la conservazione in congelatore, così che, all’occorrenza, tutto potrà essere gustato!
È proprio questa la ricetta della bevanda che ha conquistato i palati di tutto il mondo, tanto da essere emulata perfino oltreoceano, negli Stati Uniti, dove però, venendo utilizzati limoni californiani e non IGP campani, non è possibile denominare la bevanda come vero Limoncello, ma solo classificarla come una lontana parente.
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