La Real Casa dei Matti di Aversa fu fondata nel 1813, al posto dell’antico Convento della Maddalena dei Frati minori osservanti, durante il regno di Gioacchino Murat.
A Napoli, prima della sua fondazione, i pazzi venivano ricoverati presso uno speciale distretto dell’Ospedale degli Incurabili, ma durante il periodo napoleonico si sentì l’esigenza di trovare una soluzione più adeguata. La Real Casa dei Matti fu il primo manicomio d’Italia, rappresentando un passo in avanti in ambito sociale e sanitario.
Nato inizialmente come ospedale che curava i malati di mente, infatti, dopo qualche anno, a causa delle trasformazioni sociali dell’Italia, subì anch’esso una evoluzione, diventando, appunto, un vero e proprio manicomio.
Aversa è una città di origine normanna e, durante la sua storia, furono fondati tantissimi enti di beneficenza e monasteri di clausura. Nel 1813, Gioacchino Murat fondò la “Real Casa dei Matti” ispirandosi alle nuove teorie psichiatriche propugnate in Francia da Pinel. Quest’ultimo vedeva nel manicomio un modo per liberare e proteggere i pazzi.
L’ospedale divenne un vero e proprio punto di riferimento per l’organizzazione dei successivi manicomi, sia italiani che stranieri. Fu Biagio Gioacchino Miraglia, primo medico e direttore del manicomio nel 1860, a dare una svolta a quello che era il metodo per curare i pazzi: eliminò ogni tipo di strumenti di coercizione, per dare spazio all’attività intellettuale e fisica. La parentesi rivoluzionaria di Murat durò ben poco e, con il ritorno dei Borbone, all’inizio del Novecento, il manicomio fu soprannominato “Real Morotrofio”, diventando sempre più importante, tanto che Ferdinando IV vi portava i nobili in visita.
L’umanista e storico Gaetano Parente racconta, in un suo scritto, che questi rimanevano “attoniti del vedere per esempio un biliardo fra i pazzi, dell’udirli a suonare e cantare e talvolta recitar commedie e conversare con chicchessia affabilmente; non più catene, (…) alla reclusione antica sostituito il beneficio della vita attiva ed i giocondi passatempi e le salubri passeggiate per l’aprica campagna”.
Con i Borbone nacquero, sul territorio aversano, una serie di altre istituzioni, quali il Manicomio Civile o Real Manicomio dei Matti, l’OPG Ospedale Psichiatrico Giudiziario e il Campo Profughi. Le strutture avevano il compito di mantenere un controllo sociale. Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Real casa dei Matti fu utilizzata proprio come centro profughi e, solo nel 1946, i folli ritornarono in struttura dando inizio ad una nuova vita ospedaliera.
Nel 1978 , con la Legge Basaglia, i manicomi furono chiusi definitivamente ma, ancora oggi, questa struttura viene ricordata per il suo primato italiano.
Nel Novecento il Manicomio di Aversa è diventato un luogo di studio che offre, nel suo Archivio Monumentale, le storie cliniche dei pazienti che ha ospitato. Il sito, infatti, oggi proprietà dell’ASL di Caserta (padiglione acquistato nel 2007 per ben 2 milioni di euro), è sempre aperto per la consultazione anche se molte scartoffie sono state lasciate completamente nell’incuria e, in qualche caso, finite disordinatamente a disperdersi. La speranza è in un gruppo di giovani che si dice pronto ad occuparne i locali per mettere in atto un concreto piano di recupero.
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