Il personaggio del Principe di Sansevero, al secolo Raimondo di Sangro, è legato in modo imprescindibile alla storia di Napoli e allo splendore che conobbe la città durante i secoli dell’Illuminismo.
Scienziato visionario, esoterista, filosofo, astronomo, poeta, scrittore, alchimista e accademico italiano, nei secoli si è guadagnato la fama di uomo misterioso, di massone e, addirittura, di stregone, complici anche le storie e le leggende che sono nate, sul suo conto, nel corso degli anni.
A Napoli, addirittura, c’è ancora chi, passando fuori la cappella dove è conservato il Cristo Velato e dove il principe è sepolto, si fa il segno della croce come per scacciare i malefici del temuto alchimista.
Nato a Torremaggiore (Foggia) nel 1710, Raimondo dimostra fin da giovane uno spiccato interesse per le scienze.
Entra a far parte della Scuola Alchemica Napoletana. Diventa Gran Maestro massone e intreccia relazioni con chiunque possa aiutarlo a meglio comprendere i misteri dell’universo.
Nel suo palazzo adibisce una grande stanza a laboratorio e comincia a passarci gran parte del giorno e della notte. Questo stile di vita, piuttosto anomalo per un aristocratico, dà adito a sospetti sul suo conto e sulle cose che accadono nella sua casa.
Adotta atteggiamenti sempre più stravaganti: arriva a farsi costruire una carrozza più larga di quelle comuni per passare a filo nei vicoli di Napoli e dimostrare che il suo mezzo di trasporto è più grande di quello del re.
Le parole di Salvatore Di Giacomo rendono ottimamente l’idea che, all’epoca, si aveva del principe e delle sue misteriose attività: “Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero […] Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro: di volta in volta, nel silenzio della notte, s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibili”.
Raimondo di Sangro si sposa e ha cinque figli, ma non sembra curarsi poi molto della famiglia, preso dai suoi studi. Inventa quella che lui chiama la Lampada Perpetua, o Lume Eterno, composta da una mistura di fosfato di calcio e fosforo ad alta concentrazione, in grado di bruciare molto più a lungo di qualsiasi lume; idea i progetti di una carrozza che si muove per brevi tratti senza i cavalli e quelli della prima carrozza anfibia; pensa a nuove tecniche per la stampa, a nuovi tessuti (tra i quali una specie di seta vegetale) e a nuovi tipi di vernici destinate a durare nel tempo. Addirittura, costruisce un cannone in lega di ferro, in un momento storico in cui tutti gli altri erano in bronzo, ed inventa un fucile a retrocarica, anticipando di molto la rivoluzione delle armi da guerra.
Nonostante tutto questo, il principe non ha lasciato un bel ricordo di sé: la gente racconta che, appunto, fosse una sorta di stregone, un alchimista diabolico che faceva rapire poveri disperati, i cui corpi dovevano servire per i suoi esperimenti; un castrafanciulli, si dice, che nessun potere è riuscito a controllare, nemmeno quello del re. Qualcuno arrivò a dire che abbia ucciso sette cardinali, con le cui ossa e pelle avrebbe fatto costruire altrettante sedie. Anche le classi abbienti non nutrivano molta stima per il principe: era stato, infatti, il primo Gran Maestro della massoneria napoletana e non aveva esitato a tradire i suoi “fratelli”, denunciandoli al re, per salvare le sue proprietà e la sua testa. Finì che il nome di Raimondo di Sangro venne maledetto in tutte le logge europee e, in alcuni casi, la sua effige venne anche pubblicamente bruciata.
La sua morte è sopraggiunta nel 1771, forse a causa dell’inalazione di sostanze tossiche, durante uno dei suoi esperimenti,
Si dice che avesse scoperto una pozione per far tornare in vita i defunti e un altro racconto riguarda proprio le circostanze della sua morte; è Benedetto Croce a riportarlo: “Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; senonché la famiglia […] cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato”.
Diceria? Leggenda? Non lo sapremo mai, sta di fatto che il sarcofago sotto la lapide nella cappella è vuoto…
In realtà, a prescindere dalle leggende, non si può non pensare al principe senza menzionare il suo più grande capolavoro, anche questo avvolto nel mistero: la Cappella San Severo, conosciuta anche come la “Pietatella”.
Gli artisti che lavorarono nella cappella seguirono le precise istruzioni del principe e, alcuni di loro, riferirono che fornì strani colori e un tipo di mastice che, una volta asciutto, assomigliava in tutto e per tutto al marmo; si dice, materiali di natura alchemica.
Il centro della cappella è occupato da quello che, nei secoli, è diventato quasi il simbolo della città: il magnifico Cristo Velato, scolpito dal semisconosciuto Giuseppe Sammartino.
Si tratta di un Cristo morente interamente ricoperto di un velo di marmo, che fa corpo unico con la statua stessa e con il giaciglio sottostante. Lo straordinario è che le fattezze del Cristo (gli occhi, il naso, la bocca, i muscoli delle braccia) si intravedono da sotto il velo: l'impressione è che la statua sia stata successivamente ricoperta con un velo di marmo che poi si è “amalgamato” con il resto.
I suoi molteplici studi ed esperimenti hanno riguardato anche il corpo umano; nella cripta ovale, che si raggiunge tramite una scala a chiocciola (l’Appartamento della Fenice), sono custoditi, in teche di vetro, i corpi di un uomo e di una donna che qualche intruglio alchemico, si diceva, fosse riuscito letteralmente a disseccare, lasciando intatte vene e arterie. Sono le Macchine Anatomiche.
In effetti, appare come se il sistema cardiocircolatorio fosse stato, in qualche maniera, pietrificato, ma si è scoperto, in epoca recente, che si tratta di vene e arterie realizzate con cere colorate, fili di ferro e fibre di seta. Gli scheletri, invece, che fanno da struttura, sono reali e particolare impressionante è che la donna è incinta: fino agli anni 90, prima che il corpicino fosse trafugato da ignoti, erano ben visibili i resti di un feto ai suoi piedi. A detta dello stesso Raimondo di Sangro, si trattava del frutto di un parto sfortunato durante il quale era deceduta anche la madre. La tesi, secondo gli esperti, è realistica visto che il bacino dello scheletro femminile presenta traumi da parto.
Ma la vera domanda è: su quale modello si sarebbe basato lo scultore per riprodurre l’intero sistema cardiocircolatorio, se le conoscenze sul corpo umano erano ancora molto scarse all'epoca?
Quando si parla del Principe, quindi, è chiaro come, spesso e volentieri, la realtà si mescoli con la fantasia, contribuendo a tenere viva l’idea di un personaggio fenomenale e maledetto, nato per osare e per continuare a stupire per secoli.
La Cappella Sansevero è ricca di tantissimi altri capolavori, particolari, inusuali, misteriosi ed intriganti, come tutto quello che circonda l'aura del Principe più chiacchierato di tutti i tempi.
La Cappella si trova in via Francesco De Sanctis, nel cuore del centro storico di Napoli, alle spalle di Piazza San Domenico Maggiore.
Per maggiori info sui percorsi e su orari e tariffe, si può consultare il sito ufficiale.
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