Il Natale è ormai vicino così come, sempre più vicino, è il momento di addobbare la casa con l’albero e il sempiterno presepe.
Ma, per un napoletano, cosa è più importante tra i due?
In questa valutazione ci aiuta Luciano De Crescenzo, da sempre profondo conoscitore dell’animo umano, e di quello napoletano in particolare, che, nel suo libro “Gesù è nato a Napoli” fa una netta distinzione tra i Presepisti e gli Alberisti.
La differenziazione tra le due “correnti di pensiero” viene introdotta per la prima volta dallo scrittore nel suo famosissimo film “Così parlò Bellavista”, diventato una pietra miliare nella storia del cinema italiano.
In una delle scene cult della pellicola, il professor Bellavista fa una distinzione tra popoli d’amore (Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda) e popoli di libertà (Germania, Scandinavia, Inghilterra), associando ai primi la passione per il presepe, e ai secondi quella per l’albero di Natale.
Nel libro, Luciano De Crescenzo illustra le differenze tra essere un presepista ed essere un alberista, mentre un milanese doc, Andrea G. Pinkettis, dimostra che non sempre la provenienza geografica determina l’appartenenza a una delle categorie determinate dal filosofo napoletano, ovvero “uomini di amore” e “uomini di libertà”.
“La suddivisione tra quelli a cui piace l’albero di Natale e quelli a cui piace il presepe, tra alberisti e presepisti, è tanto importante che, secondo me, dovrebbe comparire sui documenti di identità - racconta Luciano De Crescenzo - Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l’Amore e la Poesia. Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è Natale in casa Cupiello”. E poi prosegue: “I pastori debbono essere quelli di creta, fatti un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che vendono al supermercato, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli degli anni precedenti e non fa niente se sono quasi tutti scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello...”
Lo scrittore continua dicendo che presepisti o alberistici si nasce. È un modo di essere, è credere nel sentimento o nell’esteriorità.
Sono due razze assolutamente diverse: “Io, Presepista, una volta ho conosciuto una donna Alberista e con lei non riuscivo ad andare d’accordo. Non ci capivamo. Persino nel fare l’amore era diversa. Era un’Alberista.”
E voi, invece? In che gruppo vi siete identificati? Presepisti o alberisti? Uomini d’amore o uomini di libertà?
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