Il Ragù e la Bagna Cauda sono due piatti molto diversi, appartenenti a due regioni differenti, ma entrambi molto famosi.
Per quanto riguarda il primo, ne abbiamo già parlato: tipico piatto napoletano, preparato con carne, salsa di pomodoro e vasincola (basilico), viene fatto cuocere dalle 4 alle 6 ore. È il re della domenica e il suo profumo inebria le case e i vicoli di tutta Napoli.
La Bagna Cauda, invece, è una specialità culinaria piemontese, originaria dell’Astesana, delle Langhe, del Monferrato, del Roero e delle città di Torino, Alessandria, Cuneo e Asti.
La tradizione vuole che questa pietanza venga consumata nel periodo della vendemmia, quindi un piatto autunnale: infatti, una delle leggende vuole che la sua nascita sia dovuta proprio al fatto che venisse preparato per ricompensare i vendemmiatori del lavoro svolto. Più che piatto, anzi, è un rito conviviale, in quanto prevede che si consumi in modo collettivo, attingendo da un unico recipiente. La ricetta tipica sembra appartenere al basso Piemonte, in quanto era molto semplice, nei secoli scorsi, procurarsi l'ingrediente cardine: le acciughe salate.
La bagna cauda viene preparata con una base di aglio, olio e acciughe dissalate, il tutto ridotto a salsa grazie ad una lenta e paziente cottura. Si possono aggiungere anche burro, panna da cucina, latte e noci. Viene servita nel dian, un tegame di cottura in terracotta, e mantenuta a temperatura mediante uno scaldino di coccio, anche chiamata la s-cionfetta, pieno di braci. Questa salsa viene consumata, poi, intingendovi una serie di verdure di stagione come cardi, cipolle cotte al forno, peperoni, cavolo, barbaietole, patate cotte a vapore, rape e ravanelli.
Da tradizione, inoltre, la bagna cauda viene accompagnata da un vino rosso corposo, come Barbera, Barbaresco, Dolcetto o Nebbiolo.
Una curiosità: questo piatto tipico piemontese, inizialmente, fu rifiutato dalle classi borghesi perché considerato un cibo povero e rozzo. Per questo motivo, sono poche le notizie scritte su questa pietanza. La prima testimonianza la si deve ad un documento del 1875.
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