Le protagoniste di questa affascinante leggenda sono Donna Albina, Donna Romita e Donna Regina, tre donne dall'animo nobile che sono entrate nella storia di Napoli attraverso i secoli. La loro storia è stata tramandata di generazione in generazione, soprattutto grazie alla penna di Matilde Serao, autrice de "Le Leggende Napoletane". Tutto ha avuto inizio nel lontano 1320, quando Napoli era governata dal saggio re Roberto D'Angiò, che ha dato alla città un grande slancio creativo e culturale. In questo contesto vivace si svolge la storia della famiglia Toraldo, un'antica casata nobile di origini sveve che occupava alte posizioni nella società civile, militare ed ecclesiastica. Nello stesso anno, la moglie del Barone Toraldo, Donna Gaetana Scauro, morì lasciando il compito alle tre giovani figlie di preservare l'eredità della famiglia. Rimaste orfane, le sorelle si impegnarono a rispettare le volontà paterne.
Regina, la maggiore, aveva 19 anni quando divenne la capofamiglia. Era una donna di grande bellezza, dal portamento regale e dall'aspetto severo. I suoi occhi scuri e penetranti riflettevano le responsabilità che gravavano sulle sue spalle. Regina incarnava la maturità oltre la sua giovane età ed era ammirata e rispettata come una figura influente e carismatica. Albina, secondogenita, aveva 17 anni ed era amabile e gentile. Il suo nome le era stato dato per la sua pelle di porcellana. Con i suoi capelli biondi-cinerei e gli occhi azzurri splendenti, Albina trasmetteva dolcezza e cordialità. Si preoccupava per gli altri e si occupava delle faccende domestiche, prendendosi cura della famiglia e offrendo aiuto ai bisognosi.Romita, la più giovane delle tre, aveva solo 15 anni. Era un'adolescente vivace e spensierata, ma la scomparsa dei genitori aveva scosso la sua anima. I suoi riccioli biondo miele e gli occhi verdi smeraldo rappresentavano la tenerezza e la fragilità dei suoi anni. Il suo carattere era mutabile, a volte capriccioso e collerico, ma bastava poco per ristabilire la sua stabilità emotiva. Le tre sorelle trascorrevano la loro vita insieme, immerse nei doveri familiari, nella preghiera e nelle occupazioni nobiliari. Ma tutto cambiò quando arrivarono le notizie riguardanti il matrimonio di Regina con un nobile cavaliere di corte, Don Filippo Capece. Regina si sentì confusa e delusa da questa notizia. In quel momento, Albina interruppe Regina nella sua stanza e le rivelò la preoccupazione per la salute di Romita, che si era innamorata perdutamente di Don Filippo. Questa rivelazione spezzò il cuore di Regina. Albina confessò anche di provare sentimenti per Filippo, ma cercava di scacciarlo dai suoi pensieri. Romita, d'altra parte, amava Filippo profondamente ma aveva accettato il suo destino di sposare Regina, come stabilito dal re. Le tre sorelle si erano innamorate dello stesso uomo, infrangendo così le volontà del loro defunto padre. Da quel momento in poi, la casa si riempì di tensione e rabbia. Il palazzo che un tempo era un luogo di pace e amore familiare si trasformò in una torre fredda e senza amore, dove regnavano solo animosità e dolore.
Durante la Pasqua, le due sorelle minori chiesero di parlare con Regina per esporre la loro decisione. Furono accettate e fu Albina a parlare a nome di entrambe. Annunciarono a Regina la loro ferma volontà di abbandonare la casa e di prendere i voti, fondando ognuna un monastero con la loro parte di eredità. Regina ascoltò senza dire una parola. Era ancora scossa e ferita, ma cercò di convincere le sorelle a riconsiderare questa scelta rischiosa. Tuttavia, Albina e Romita erano determinate a seguire il loro desiderio di dedicarsi interamente alla vita spirituale, rinunciando alla vita coniugale che spettava a Regina secondo il testamento del padre. A quel punto, Regina si alzò e abbracciò affettuosamente le sorelle, comunicando la sua stessa volontà di prendere il velo e fondare un monastero a suo nome. Dimenticarono ogni rancore e dissidio familiare. Regina si inginocchiò davanti al ritratto di suo padre, prese lo scettro d'ebano e lo spezzò in due, dicendo: "Salute, mio padre, la nobile stirpe dei Toraldo è morta". La leggenda narra che i fantasmi delle tre sorelle ancora vagano per le strade del centro storico di Napoli, tormentate dalla passione amorosa che ha segnato le loro vite. Si racconta che cercano lo sguardo di Filippo Capece, perduti nei loro ricordi senza pace, da secoli. Si dice che si aggirino attorno alla Statua del Nilo, simbolo del Seggio di Nilo a cui apparteneva la famiglia Toraldo, cercando di abbracciarsi per porre fine alla loro tragica pena d'amore che le trascina nel baratro delle anime inquiete di Napoli.
Quartieri, e vicoli che prendono il loro nome
Largo Donnaregina: tra via Donnaregina e via SS. Apostoli in direzione del Museo Diocesiano di Napoli (Chiesa di Donnaregina vecchia e nuova)
Via Donnaregina: dal largo Donnaregina a via Duomo, difronte alla Chiesa di san Giuseppe dei Ruffi
Vico Donnaregina: da largo Settembrini a via Donnaregina in direzione del Museo MADRE
Vicoletto Donnaregina: dal largo Donnaregina a via Duomo
Quartiere: San Lorenzo
Via Donnalbina: da via Monteoliveto a via Ecce Homo, in cui sorge la Chiesa di Santa Maria Donnalbina.
Vicoletto Donnalbina: da via Santa Maria la Nova a via Donnalbina. Vicoletto intitolato al nostro grande musicista Pino Daniele
Quartiere: San Giuseppe
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