“E tutte le fontane di Napoli sono lagrime: quella di Monteoliveto è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù; quella dei Serpi sono le lagrime di Belloccia, una serva fedele innamorata del suo signore; quella degli Specchi è fatta delle lagrime di Corbussone, cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli; quella del Leone è il pianto di un principe napoletano, cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente; e quella di fontana Medina sono le lagrime di Nettuno, innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita”.
Così Matilde Serao, in “Leggende napoletane”, descrive le fontane più famose di Napoli, parte integrante del paesaggio urbanistico della città.
Nella storia partenopea, le fontane hanno avuto una grande importanza e un duplice ruolo: innanzitutto, servivano per l’approvvigionamento idrico e per la distribuzione delle acque, sorgive o provenienti da acquedotti, alla popolazione, e, poi, come celebrazione del potere e della generosità dei sovrani che, negli anni, si sono succeduti sul trono di Napoli.
Molte non esistono più o sono state modificate o spostate, ma ne restano alcune davvero monumentali e di rara bellezza.
La fontana del Nettuno, situata in Piazza Municipio, fu voluta dal vicerè Enrico di Guzmán conte di Olivares, che ne ordinò la costruzione sul finire del XVI secolo ad opera di Michelangelo Naccherino, Angelo Landi, Pietro Bernini e Domenico Fontana. Fu costruita nei pressi dell’arsenale ma, nel corso dei secoli, ha subito vari spostamenti e diverse modifiche. La struttura originaria presentava una grande vasca sorretta da quattro delfini, dalla quale si ergevano altrettante cariatidi. Intorno al 1625, poichè la zona in cui era stata collocata si trovava senza acqua, il vicerè don Antonio Alvarez di Toledo duca d’Alba la fece spostare al Largo di Palazzo (l'attuale Piazza Plebiscito). Da qui, causa di intralcio durante le feste di piazza, fu ricollocata a S. Lucia e, di nuovo, nel 1638, a via Medina; proprio in questo periodo fu sottoposta anche a lavori di ampliamento e arricchimento. Dopo la mutilazione subita durante la rivolta di Masaniello, fu restaurata e spostata nei pressi del Molo Grande, per essere poi collocata a Piazza Borsa dove è rimasta fino al 2000.
Infine, per dare spazio ai lavori della metropolitana, è stata riportata a via Medina.
Il nome ha origine dalla statua centrale, che è proprio quella di Nettuno, dal cui tridente zampilla l’acqua e che si erge al centro di una tazza sorretta da due satiri e due ninfe.
La fontana del Gigante, detta anche dell’Immacolatella, ubicata in via Partenope, fu voluta, invece, dal vicerè don Antonio Alvarez di Toledo duca d’Alba, che affidò i lavori sempre a Pietro Bernini e Michelangelo Naccherino. I due nomi derivano dai luoghi che l'hanno ospitata nel corso della storia: all’inizio era, infatti, nei pressi del palazzo Reale, dove si trovava la statua del Gigante rinvenuta a Cuma, e, successivamente, verso il molo, di fronte alla costruzione detta dell’Immacolatella. In seguito, fu portata a Piazza del Carmine, nei giardinetti di via S.Pasquale a Chiaia e, infine, nella sua collocazione definitiva, a via Partenope, nel 1905. Strutturalmente, si innalza su un basamento ed è formata da tre archi a tutto sesto; sulla tazza sono raffigurati animali marini mentre, sui laterali, due statue fluviali reggono dei "mostri del mare". Alle estremità laterali, infine, due cariatidi sorreggono cornucopie.
La fontana del Sebeto (o del Fonseca) si trova alla fine di Via Caracciolo, in Largo Sermoneta. Fu costruita, nel 1635, per volere per volere del vicerè Manuel Zuñiga y Fonseca conte di Monterrey, che affidò il progetto a Cosimo Fanzago, che vi lavorò insieme ai figli. Inizialmente, si trovava nell’attuale via Cesario Console ma, in seguito, fu portata in riva al mare, nel 1939. È formata da un arco, al centro del quale si trova una statua del Sebeto (antico fiume di Napoli) e da un basamento su cui poggiano tre vasche. Sull'arco, vi sono una lapide e gli stemmi del vicerè, della città e del re.
La fontana della Sirena, costruita da Francesco Jerace a metà del XIX secolo e situata originariamente nei giardini di fronte la vecchia stazione di piazza Garibaldi, oggi si trova a Piazza Sannazzaro. È formata da una vasca circolare interrata nella quale, su uno scoglio, si trovano quattro animali marini sui quali si erge una sirena, con una lira tra le mani.
Voluta dall’allora sindaco della città Achille Lauro, la fontana del Carciofo si trova in Piazza Triste e Trento e fu costruita a metà degli anni cinquanta. Presenta una grande vasca circolare, circondata da un giardinetto, al cui centro si trova una tazza che contiene l’acqua che zampilla da un vaso a forma di corolla. È proprio questa sua sagoma particolare ad averle fatto guadagnare il nome di “carciofo”, attribuitole dai napoletani.
La fontana di Monteoliveto (o di re Carlo II), situata in Piazzetta Trinità Maggiore, fu costruita per volere viceré Don Pietro Antonio d'Aragona, per celebrare il sovrano di Spagna Carlo II; i lavori iniziarono nel 1669 e si protrassero per vari anni, anche per l’indecisione sul modo in cui raffigurare il sovrano, allora adolescente. Presenta una vasca polilobata a tre bracci, su cui si erge un piedistallo con tre leoni e tre aquile e con gli stemmi del re, del vicerè e della città di Napoli. Al centro, su una base triangolare, si erge una statua in bronzo del re.
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