Definito il "medico dei poveri", Giuseppe Moscati è un santo molto caro ai napoletani, tanto che un'intera ala della chiesa del Gesù Nuovo, che si trova nell'omonima piazza, è dedicata proprio a lui. Qui, in una piccola cappella, si trova, infatti, una statua del medico santo, la cui mano bronzea, con il passare degli anni, è diventata lucida, quasi a sembrare d'oro, a causa delle carezze dei fedeli in cerca di conforto o di una grazia.
Beatificato da papa Paolo VI nel 1975 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987, Giuseppe Moscati nacque il 25 luglio 1880 a Benevento, settimo tra i nove figli del magistrato Francesco Moscati e di Rosa De Luca, dei Marchesi di Roseto. Dopo essersi diplomato ad appena 17 anni, cominciò gli studi universitari presso la facoltà di medicina dell'Ateneo partenopeo. Probabilmente, la scelta di dedicarsi alla professione medica fu dettata anche dalle sue vicende personali: nel 1893, infatti, suo fratello Alberto, tenente di artiglieria, fu portato a casa dopo aver subito un trauma inguaribile in seguito ad una caduta da cavallo. Per anni, Giuseppe si dedicò a lui anima e corpo, occupandosi personalmente delle sue cure. Già durante questo periodo cominciarono a manifestarsi quelle qualità che lo avrebbero reso un medico così amato e benvoluto: la sensibilità profonda per le sofferenze altrui e una straordinaria empatia.
Il 4 agosto 1903, conseguì la laurea in medicina con pieni voti e diritto alla stampa e, a distanza di cinque mesi, prese parte al concorso pubblico indetto per l'ufficio di assistente ordinario negli Ospedali Riuniti di Napoli. Dal 1904, prestò servizio presso l'Ospedale Incurabili di Napoli e, proprio qui, organizzò l'ospedalizzazione dei malati di rabbia, salvando i ricoverati nell'ospedale di Torre del Greco, durante l'eruzione del Vesuvio nel 1906.
Dopo vari anni di collaborazione nei laboratori di vari ospedali, finalmente nel 1911 ottenne, per titoli, la libera docenza in chimica fisiologica, con l'incarico di guidare le ricerche scientifiche e sperimentali nell'Istituto di Chimica biologica. Dal 1911 insegnò, senza interruzioni, "Indagini di laboratorio applicate alla clinica" e "Chimica applicata alla medicina", con esercitazioni e dimostrazioni pratiche; in seguito, diventò anche docente di Clinica Medica generale.
Fin da giovanissimo, per il suo fenomenale occhio clinico e le sue ricerche avvenieristiche e originali, molte delle quali furono pubblicate su riviste scientifiche italiane e non, conquistò una straordinaria fama sia nell'ambiente napoletano che internazionale.
In realtà, ciò che colpiva più di tutto era la sua personalità stupefacente e la sua infinita bontà d'animo: non era attaccato al denaro, vestiva modestamente, non aveva carrozze, cavalli o automobili. Ciò che riceveva era destinato ai poveri e forniva loro anche medicine e altri beni di prima necessità.
Il suo studio, che si trovava in via Cisterna dell'olio, era sempre gremito di pazienti, ai quali offriva assistenza gratuita. Dopo essersi reso conto delle loro condizioni economiche, infatti, li esortava a lasciare quanto potevano nel cestino all'ingresso o, addirittura, a prendere, in caso di bisogno.
Tante persone affermano di essere state guarite dal santo ma, in particolare, tre sono i miracoli che sono stati riconosciuti dalla chiesa cattolica e che ne hanno favorito la canonizzazione. Quello che colpisce di più è, sicuramente, quello di Giuseppe Montefusco: l'uomo, all'età di vent'anni, agli inizi del 1978, cominciò ad accusare astenia, pallore, vertigini, inappetenza; fu ricoverato all’Ospedale Cardarelli di Napoli e la diagnosi fu “leucemia acuta mieloblastica”, una malattia che lo avrebbe portato in poco tempo alla morte. Una notte, la madre sognò un uomo in camice bianco e, dopo aver parlato con il parroco, che le disse che certamente si trattava di Moscati, si recò nella chiesa del Gesù Nuovo a pregare. In meno di un mese suo figlio guarì, nello stupore generale dei medici che affermarono che, nella loro esperienza, a cinque anni dalla diagnosi, solamente 12 pazienti su 1600 erano sopravvissuti.
San Giuseppe Moscati morì giovane, proprio nel suo studio, all'età di 47 anni, il 12 aprile del 1927, e fu sepolto nel cimitero di Poggioreale, anche se, poco tempo dopo, il suo corpo fu traslato nella chiesa del Gesù Nuovo per permettere ai tantissimi fedeli di venerarlo.
La sua festa cade proprio nel 16 Novembre, nella data, cioè, del trasferimento della salma.
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